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Полное собрание сочинений. Том 12. Произведения 1852-1857 годов

Uniti colle tendenze socialistiche, cioè coll’avvenire, è difficile a dire, perché l’America rappresenta anch’essa, con tutti i suoi difetti, la democrazia borghese.

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La Russia molto meno matura dell’America, è molto più svincolata delle tradizioni occidentali. «Che fortuna, diceva il celebre Bentham all’imperatore Alessandro I, quando egli era a Londra dopo la guerra, — che fortuna hanno i vostri legislatori, eglino non denno ad ogni piè sospinto combattere col gius romano!» E noi aggiungiamo: nè col gius feudale, nè col cattolicismo, nè col protestantismo. Il Nomo — Canon Bizantino non ha forza, e la legislazione nazionale non va oltre l’ordinamento dei comuni, tutto il resto è imposto, esotico, forzato. La legislazione degli zar era assurda, la legislazione degl’imperatori è straniera, l’una e l’altra avevano un solo scopo, di creare uno stato forte: vi riuscirono, distruggendo affatto l’individuo, fondarono un formidabile impero.

Ma vi ha una cosa che l’assolutismo non sradico; al contrario la guasto la oppresse, e pure la serbo, questa è il comune rurale, con l’amministrazione elettiva, colla partizione delle terre, col diritto sulle terre e alla partecipazione negli affari della comune, riconosciuto ad ogni operaio.

Su quella Russia agricola, comunale, stazionaria, scevra d’influenza occidentale, riposano, opprimendola, la Russia nobile e la Russia governativa. La prima rappresenta tutti i colori rivulozionari e reazionarii d’Europa; la seconda una dittatura assolutista che vuol parere una monarchia occidentale. Nicolo fece fare un gran progresso alla Russia nobile, provoco un’opposizione tacita, un odio celato contro sé e il suo despotismo che comincia ora a farsi palese.

L’assolutismo militare compiè i suoi giorni in Russia; dee trasformarsi o disfarsi lasciandosi dietro quello stato enorme, compatto, di una formidabile unità, ricco di forze educate da prove aspre e terribili. L’impero di Pietro I si stabili con mezzi atroci, colla violenza, col knut e colla Siberia. Ogni suo passo è coperto di lagrime e sangue. Milioni di uomini perirono fabbricando Pietroburgo, lavorando ai canali, milioni d’uomini perirono ai Balcani, al Caucaso. Quante vittime spirarono sotto le verghe e fra le nevi della Siberia! Col bastone eravamo forzati a correre al nostro destino. Ma queste cose volgono alla fine. Gridare contro il passato è inutile; la perspicacia viva e vera consiste a profittare egualmente degli elementi esistenti, delle forze prodotte egualmente

dal bene e dal male. Non si tratta più della loro origine ma del modo di dirigerle.

Il governo presente ha vaghezza di riforme, ma con istupenda ballordaggine vi pone mano e s’appiglia al deplorabile sistema dei piccoli miglioramenti parziali, senza toccare la sostanza delle cose. Andando di questo passo, soltanto fra due o tre secoli la Russia puo sprerare di giungere alle presenti condizioni della Prussia.

La storia e i popoli perdonano molte cose ai governi, anche scelleratezze e delitti, anche la crudeltà di Pietro I e le dissolutezze di Caterina II; ma cio che non perdonano mai ad un governo è di non intendere la sua missione, è la debolezza di non levarsi all’altezza delle occasioni.

Cio che più specialmente impedisce ed incatena Alessandro II sono le tradizioni di Nicolo, la politica di Nicolo e specialmente gli uomini di Nicolo. Paura di ogni vita intellettuale, paura della parola, della pubblicità all’interno e quindi alleanza con ogni despota. Tale era la filosofia del governo di Nicolo. Cosí egli ridusse la Russia a un torpore fittizio, a un’inerzia artificiale, che contamino di corruzione e di vizi tutte le parti del governo.

Si puo continuare adoperando gli uomini e gli ordini stessi?..d Chiudendo gli occhi a Nicolo, la guerra non li aprí dunque aà Alessandro II? È necessaria più libertà all’interno. Non si potra mai vincere il vampiro di una amministrazione ladra, senza I, publicità, senza il tribunale aperto, senza il diritto di riprovare, di annullare i ministri del potere.

Ci troviamo dinanzi un’immensa rivoluzione economica. Nè il governo, nè la nobiltà se lo dissimulano ormai. L’imperatore ne fa cenno nel discorso alla nobiltà a Mosca. Siamo costretti a riordinare dalla radice la possessione territoriale, a por mano alla gran questione del proprietario e dell’operaio, dei diritti dell’artefice allo strumento del suo lavoro. Perchè tale è la questione dell’emancipazione col terreno. E il governo crede che una tanta rivoluzione possa compiersi senza discutere, senza accordarsi!

D’altra parte è tempo di abbandonare la sciagurata idea di sostenere tutti gli oppressori d’Europa, prendendo sempre le parti della reazione, del despotismo. Il diavolo si porti tutta questa influenza diplomatica, per la quale tutti i popoli ci aborrono,

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e a gran ragione! Non e una politica nazionale, e una politica privata di Nicolo, degli Holstein — Gottorp. Nicolo fece della Santa-Alleanza, mistica e assurda, un’alleanza poliziesca: suo figlio continua quel sistema contrario agli interessi della Russia. Perche sostenne, pochi mesi sono, quel pascia del re di Napoli? perche manda note insolenti a Berna, prendendosi a cuore gli affari di suo zio di Hohensollern? Quel parentado tedesco gretto, affamato, pieno di puntigli e d’insolenza, e una vera sventura pel Palazzo d’inverno. Ma finalmente, con tutto il rispetto dovuto a quei vincoli sacri del parentado, bisognerebbe rassegnarsi a non sacrificare la Russia a quelle alte considerazioni di famiglia.

E tanto più che non vi ha legame di alcuna sorta fra i vecchi troni feudali che crollano in Europa e l’imperialismo russo. Che abnegazione è dunque questa di volere senza bisogno partecipare con esso dell’odio dei popoli? Sotto ben altro aspetto mostravasi Pietro I ai re snervati del tempo suo; colla sua divisa di panno grossolano, si faceva a forza accettare come forza nuova, e non come capo di orde selvaggie presto a servir ogni reazione, ad opprimere ogni popolo che tenti emanciparsi, fosse pur solo per giovare all’Austria. Percio egli poteva amare l’Olanda libera più che la Francia monarchica. Bisogna dirlo: la sua coscienza era pura. Un nero delitto ha poi vincolato l’assolutismo russo al despotismo europeo. Quel delitto turba loro il sonno, a loro malgrado li getta nelle braccia degli Hohenzollern e degli Habsburg. La divisione della Polonia muto la condizione della Russia in faccia all’Europa. Ma la rimembranza di un delitto non deve degenerare in un solo desiderio di tentare l’ingiusto acquisto, anzi deve condurre all’espiazione. E che ha dunque fatto Alessandro II per la Polonia?

Il «Nord» coi suoi pizzi di Fiandra foggiati sui disegni russi non potè coprire tutta la grettezza dell’amnistia, e tutta l’insufficienza delle riforme del viaggio di Alessandro a Varsavia, si ricorda soltanto il ritornello che chiude il suo discorso: «Nessun sogno! nessun sogno!»

È’raro che in un dato momento il programma del futuro si presenti cosí chiaro a uno Stato, come oggi alla Russia. Bisogna essere veramente sordo e cieco per non udire la voce che chiama, per non scorgere il dito che segna la via.

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Tal confusione d’idee al Palazzo d’inverno è pure frutto del governo tutto retrogrado di Nicolo: Nicolo voleva un assurdo: tornare a l’autocrazia moscovita, serbando la forza dell’imperialismo di Pietroburgo, meno quanto vi era in esso di attivo e progressivo. È evidente che in cotal guisa non poteva ottenersi che una inerzia forzata. Il potere imperiale creato da Pietro I aveva un carattere tutto opposto al potere degli zar: era una dittatura formidabile, ma dittatura di progresso. Essa rispondeva al bisogno indefinito della nazione, di uscire dall’apatia e dallo spossamento in cui giaceva dopo le grandi lotte contro i Mongoli, i Lituani, i Polacchi.

Pietro I fu uomo del secolo XVIII, anzi fu il precursore dei despoti rivoluzionarii del genere di Federigo II. Certamente costoro non amavano la libertà; ma detestavano molto più le tradizioni, i pregiudizii, e spianarono assai la via alle riforme sociali.

Pietro I tre volte combattendo l’idea di legittimità, spegnendo l’ultimo simulacro della potenza clericale, ordinando alle reliquie di non comparire, alle immagini miracolose di cessar dai miracoli, calpestando le pretese oligarchiche, porto grave colpo al potere bisantino e mongolo degli zar. I cinquant’anni seguenti al suo regno presentano solo il disordinato fermento di un ordine nuovo di cose che s’impone al vecchio. Rivolte militari, colpi di Stato si ordinavano sotto le finestre del palazzo imperiale; le ribellioni dei Cosachi e dei contadini agitavano il paese. Pure fra tante scene di disordine, rivoluzioni di serraglio, intrighi, assassinii, l’idea principale di Pietro I rimase sempre la guida di tutti i governi quale che fosse la loro origine.

Soltanto negli ultimi anni Caterina dopo aver diviso la Polonia inchinava a principii conservativi e retrogradi. Paolo I, suo figlio, da stolto spinse più oltre le idee e mando un esercito in Italia per arrestare la rivoluzione. Si videro allora per la prima volta i soldati russi far da aiutanti ai carnefici austriaci. Massena fece benissimo a gastigar le due aquile colle quattro teste; Alessandro I e Pahlen anche meglio a far trucidare l’imperatore imbecille. Il governo torno alla vera tradizione di Pietro I.

Aggiungero una parola di spiegazione. Sotto il nome di «Tradizione di Pietro I» non s’intende generalmente in Europa che la politica di conquista ed invasione; insomma il carattere distintivo

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dell’imperialismo come potenza eminentemente militare. Ma si dimentica che oltre la politica esterna vi ha tutto un sistema di ordinamento interno e di sviluppo delle forze materiali e intellettuali. Se dissi dunque che Alessandro I torno alla tradizione di Pietro I, non intesi parlare di conquiste, ma della politica del progresso.

Nicolo ruppe la tradizione; si dichiaro fin la principio del suo regno, esclusivamente retrogrado. Le forze rivoluzionarie che vedeva addensarsi, lo incitavano alla resistenza ostinata e feroce. S’avvide tosto che il trono imperiale mancava di quella base morale che sostiene i troni storici, e che la forza e il moto solito sostenevano. Ma egli non voleva muoversi. Cadde dunqua sui due sostegni di ogni monarchia: la nazionalità esclusiva e il fanatismo religioso. Era porsi in assoluta opposizione colla tradizione di Pietroburgo. L’opera di Pietro I non era che la

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